mercoledì 28 marzo 2012

NESTA ALESSANDRO DA CINECITTA'



A tutti quei soloni che da quasi dieci anni si sono riempiti la bocca con storie inventate, leggende metropolitane e storielle fantasiose, a tutti quelli che hanno affibbiato etichette a questo o a quello, a tutti quegli imbecilli pseudo laziali che gli tirarono le bottigliette dalla Tribuna Tevere, a tutti quelli che hanno avuto il "coraggio" di fischiarlo, a distanza di anni la verità viene a galla dalle parole del diretto interessato, con tanto di retroscena interessanti.... leggete va, e se ci riuscite, capite chi è Alessandro Nesta...

Un'ultima cosa se ci fosse stato un qualsiasi altro presidente al posto di Lotito Nesta sarebbe tornato alla base da un pezzo...


Passano gli anni, s’infrangono le speranze di rivederlo in biancoceleste ma i ricordi no, quelli non tramontano mai. Lui, il più grande capitano che la Lazio abbia mai avuto e che abbia mai visto crescere. Capitano silenzioso, fiero, onesto. Capitano che ha scritto le pagine più belle e interminabili della storia della SS Lazio. Lui, Alessandro Nesta e quel ricordo ancora nitido che infervora i cuori del popolo laziale. L’ex numero 13 è tornato a raccontarsi in un’intervista ai microfoni di Sky e poi riportata dal sito "Millenovecento". Un’intervista che ha il sapore di “confessione”, un’intervista che sa di Lazio, la sua Lazio.
I PRIMI PASSI:“Devo tutto a mio padre che per anni ha fatto sacrifici incredibili per portarmi in giro da una parte all’altra della città. Allenamenti, partite.. solo ora che sono genitore posso capire davvero. Per questo gliene sarò sempre riconoscente. L’altra persona a cui devo tutto è Volfango Patarca che mi ha visto giocare e mi ha subito portato nella mia squadra del cuore, la squadra della mia vita, la Lazio.”
LE ORIGINI: “Giocavo nella U.S. Cinecittà, società affiliata alla Roma. Mi volevano, ma io vengo da una famiglia profondamente laziale, così papà ringraziò ma disse di no. Nella mia zona eravamo circa 3000 famiglie e solo la nostra era di fede laziale.”
RICORDI ANCORA NITIDI: “Ho fatto tutta la trafila nel settore giovanile, ho giocato 8 anni da titolare nella prima squadra, ho fatto il capitano, ho vinto tanto e alzato tanti trofei, per questo la Lazio è e sarà sempre parte della mia vita.”
LA VERITA’: “Sono dovuto andare via, perché la Lazio aveva problemi economici molto seri: in un giorno hanno venduto sia me che Crespo. Il mio sogno era quello di giocare per sempre con la Lazio, ma non mi è stata data possibilità di scelta. La società in quel momento mi ha fatto uscire male di scena. Se mi fosse accaduto oggi, mi sarei difeso meglio e sarei stato in grado di gestire meglio la vicenda. Decisero di vendermi per fare cassa, ma passai io per quello che voleva andare via. Loro dovevano dire come stavano le cose, tanto la verità sarebbe venuta a galla. Dovevano dire che navigavano in cattive acque e che la Lazio era piena di debiti. Io avevo ricevuto tanto dalla Lazio ma avevo dato anche molto, meritavo più rispetto!”
I RICORDI, QUELLI BELLI.. “Il momento più bello? La conquista dello scudetto vinto in quel modo. Noi dentro lo stadio a guardare la Juventus che giocava, con 70mila persone sospese con noi. Poi il momento del trionfo, un’emozione impressionante, perché vincere a Roma non è come vincere altrove. Le immagini di quello scudetto le ho ancora scolpite nella testa. Non ho mai provato niente di simile nella mia vita…”
QUEL MALEDETTO DERBY: “In quella partita è stato bravo Montella, ma io proprio non c’ero con la testa quella domenica. Come tirava faceva gol e uno me lo sono fatto da solo. non cerco alibi o scuse ma per me, quella fu una settimana difficile. La società mi aveva convocato nei giorni antecedenti al derby, per dirmi che a fine stagione, dovevo andare via, perché non c’erano soldi. Mi avevano ceduto alla Juve. Io non volevo andare, ci sono state delle tensioni, è successo un casino quel giorno. All’intervallo di quello sciagurato derby, è bastata una scintilla per farmi esplodere, ho mandato tutti a quel paese e sono uscito di scena. Ero giovane.. ho sbagliato…”
“IL MIO CALCIO ERA LA LAZIO”: “potevo andare in molte squadre, avevo l’imbarazzo della scelta ma io volevo la Lazio, per me quello era il calcio, il mio calcio era la Lazio. Tante squadre mi hanno sempre cercato, ma io ho detto sempre di no. Poi il giorno dell’ultimo allenamento eravamo in campo a fare il torello a Formello. Arriva la chiamata del figlio del presidente, che mi ha detto che non avevo scelta e che dovevo andare via, che dovevo accettare per forza perché il mercato stava chiudendo. Non ho potuto fare nulla, mi hanno mandato via subito, neanche il tempo di prendere le mie cose perché avevo l’aereo per Milano. Quando arrivai a San Siro, dove c’era un derby amichevole ho visto anche Crespo e gli ho chiesto cosa stesse facendo lì. Lui mi ha risposto che l’avevano venduto all’Inter. A quel punto l’unica cosa che gli ho chiesto è stata: “Ma è rimasto quelacuno a Formello?”
UNA FERITA ANCORA APERTA: “Quel giorno per me è stato terribile. Mi hanno messo sul balcone a salutare la gente con una maglietta in mano, mi sono trovato in una realtà che non mi apparteneva. In conferenza con Galliani avevo una faccia da funerale, perché quello era il mio stato d’animo. Oggi mi sono ambientato, i successi aiutano a cancellare.. o quasi….”


Un aggiornamento su Nesta lo trovate su: medioevo-laziale

RML

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